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A dieci anni dall’entrata in vigore del D.lgs. n. 150/2011, permangono molte difficoltà applicative in materia di opposizioni a sanzione amministrativa, che hanno dato vita a diverse recenti pronunce di legittimità.

Anche in controversie che spesso hanno scarso valore economico, vengono in rilievo importanti questioni di diritto: vale il monito di Ennio Flaiano, “Senza le basi, scordatevi le altezze”. Ciò avviene, ad esempio, nell’ambito delle opposizioni a verbale di accertamento di violazione al Codice della strada non notificato.

1. Il “doppio binario” delle opposizioni.

La materia delle opposizioni a sanzione amministrativa, pur avendo frequentemente ad oggetto controversie seriali e di scarso valore economico (si pensi alla maggior parte delle sanzioni relative alle violazioni al Codice della strada), pone costantemente rilevanti questioni di diritto processuale e sostanziale ai giudici di merito chiamati a pronunciarsi in primo grado o in appello, tanto che si sono rese necessarie diverse pronunce della Suprema Corte, anche a Sezioni Unite.

Gli articoli 6 e 7 del D.lgs. 1° settembre 2011, n. 150 dispongono che si applichi il rito del lavoro nei procedimenti in materia di opposizione a sanzione amministrativa, rispettivamente in relazione all’opposizione ad ordinanza ingiunzione (ex art. 22 L. 24 novembre 1981, n. 689) ed al verbale di accertamento di violazione al Codice della strada (ex art. 204-bis D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285).

Si tratta di un “doppio binario” che riposa sulla diversa natura sostanziale dell’ordinanza-ingiunzione rispetto al verbale di accertamento di violazione.

Infatti, mentre l’obbligo di pagamento della sanzione amministrativa oggetto di un accertamento ai sensi dell’artt. 14 ss. L. 689/1981 acquista esecutività solo all’esito dell’adozione e della notificazione dell’ordinanza-ingiunzione, nelle forme indicate dall’art. 18 L. 689/1981, il verbale di accertamento di violazione al Codice della strada ex art. 200 ss. D.lgs. 285/1992 è un titolo esecutivo a prescindere dalla sua notificazione.

Esso, infatti, ha portata ricognitiva dell’obbligo di pagare la somma dovuta a titolo di sanzione amministrativa, che nasce autonomamente, nel momento in cui viene commessa un’infrazione al Codice della strada. Rispetto al verbale di accertamento di violazione, la corretta o tempestiva notificazione non rappresenta un elemento presupposto all’acquisizione del valore di titolo esecutivo, bensì è fatto costitutivo del mantenimento del diritto dell’Ente accertatore ad ottenere il pagamento della sanzione, in quanto l’omessa notificazione estingue questo diritto – ex art. 201, comma 5, D.lgs. 285/1992 – (Cass. civ., SS.UU., n. 22080 del 22 settembre 2017).

La prevista inefficacia del verbale notificato dopo il termine di 90 giorni dall’accertamento, dunque, non caduca l’esecutività del titolo, ma costituisce solo un peculiare motivo di estinzione della pretesa creditoria dell’Ente accertatore.

2. Le conseguenze processuali. Un triplo binario?

Questa disciplina sostanziale del verbale di accertamento di violazione al Codice della strada ha rilevanti conseguenze sul piano processuale.

Laddove si intenda impugnare un’ordinanza-ingiunzione o un verbale di accertamento, che siano stati tempestivamente e correttamente notificati, sarà necessario introdurre l’azione con ricorso, tanto in primo grado quanto in grado di appello.

Tale opposizione avverrà, rispettivamente, ai sensi dell’art. 6 (per l’ordinanza-ingiunzione) o dell’art. 7 (per il verbale di accertamento di violazione al Codice della strada) del D.lgs. n. 150/2011, e dovrà essere proposta nel termine di 30 giorni (nella disciplina vigente) dalla notificazione dell’atto impugnato.

In alternativa a questo scenario, si prospetta fondamentalmente un “triplo binario”:

  • a) opposizione “recuperatoria” ex art. 6 D.lgs. n. 150/2011 avverso l’ordinanza-ingiunzione non notificata o non correttamente notificata: anche questa opposizione dovrà essere proposta con ricorso.
  • b) opposizione ex art. 7 D.lgs. n 150/2011 avverso il verbale di accertamento di violazione al Codice della strada che non sia stato notificato tempestivamente entro il termine di 90 giorni ex art. 201 d.lgs. 285/1992, che non sia stato notificato affatto, o che non sia stato correttamente notificato: si tratta di un’opposizione “recuperatoria” sui generis, diversa dall’ipotesi sub a) per i motivi che si vedranno tra breve, ma anch’essa da proporre con ricorso;
  • c) opposizione avverso la cartella di pagamento: laddove si contestino vizi propri dell’atto, ed in particolare il diritto di procedere esecutivamente, l’impugnazione della cartella andrà proposta con atto di citazione in opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c.

Nelle ipotesi sub a) e b), il termine di decadenza è di 30 giorni dal momento in cui si ha conoscenza legale dell’atto presupposto, attraverso la notificazione della cartella di pagamento. Nell’ipotesi sub c), invece, non ci sono limiti di tempo.

Nella prassi giudiziaria corrente, nella stragrande maggioranza dei casi, vengono proposte opposizioni fondate cumulativamente su plurimi e diversi motivi di distinta natura (talvolta anche incompatibili, o avanzati in via gradata tra loro), ed in genere senza adeguata qualificazione (Cass. civ., ordinanza n. 21957 del 28 ottobre 2016).

Sicché, si pone frequentemente il problema di capire se l’opposizione avverso una cartella di pagamento, fondata su verbale di accertamento di violazione al Codice della strada non notificato, non tempestivamente notificato o non correttamente notificato, debba essere proposta nella forma del ricorso, ex art. 7 D.lgs. n. 150/2011, o dell’atto di citazione ex art. 615 c.p.c.

Dall’individuazione della forma dell’atto derivano le conseguenze processuali del caso: tra cui la possibile inammissibilità, laddove l’impugnazione sia avvenuta oltre il termine di impugnazione proprio del ricorso ex art. 7 D.lgs. n. 150/2011 – sul presupposto che si fosse trattato di un’opposizione ex art. 615 c.p.c., priva di termine di impugnazione -.

3. L’opposizione a cartella di pagamento.

La cartella di pagamento, o cartella esattoriale, è l’atto prodromico all’esecuzione, sostanzialmente equivalente all’atto di precetto di diritto comune. L’opposizione alla cartella di pagamento è a tutti gli effetti una vera e propria opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., in quanto viene contestato il fondamento stesso del diritto di procedere in via esecutiva. Ciò può avvenire a causa dell’intervenuta prescrizione del diritto di credito del creditore; a causa della morte del soggetto passivo, o a causa dell’avvenuto pagamento.

Quando si intende impugnare una cartella di pagamento, l’opposizione può essere proposta nelle forme dell’atto di citazione in opposizione all’esecuzione, ex art. 615 c.p.c.

La giurisdizione appartiene al giudice ordinario, e non al giudice tributario, in quanto non si tratta di atti di natura tributaria, ai sensi dell’art. 2 comma 1 d. lgs. n. 546/1992 (“restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento”, nonché le opposizioni a preavviso di iscrizione ipotecaria ed a preavviso di fermo amministrativo).

Pertanto, laddove il contribuente intenda impugnare una cartella di pagamento, un preavviso di iscrizione ipotecaria o di fermo amministrativo relativo ad una pluralità di pretese, in parte di natura tributaria ed in parte di natura non tributaria, l’impugnazione andrà proposta separatamente innanzi ai diversi giudici competenti. Qualora ciò non sia avvenuto, il giudice adito dovrà trattenere la causa presso di sé in relazione ai crediti di propria competenza, e rimettere la causa dinanzi al giudice competente per la parte in cui il provvedimento si riferisce a crediti di competenza dello stesso (così Cass. civ., SS.UU., n. 14831 del 05/06/2008; Cass. civ., SS.UU., n. 15426 del 07/07/2014).

Affermata la giurisdizione del giudice ordinario, la forma dell’opposizione ex art. 615 c.p.c., anche qualora sia proposta avverso una cartella di pagamento o un preavviso di iscrizione ipotecaria o di fermo amministrativo, è l’atto di citazione.

La giurisprudenza di legittimità è stata chiamata più volte a pronunciarsi sul confine, per molti versi labile, tra opposizione alla cartella di pagamento per vizi propri ed opposizione “recuperatoria” avverso il titolo esecutivo presupposto alla cartella di pagamento (ordinanza ingiunzione o verbale di accertamento di violazione al Codice della strada).

Nel corso del tempo, si erano creati due orientamenti giurisprudenziali di legittimità: uno propenso ad ammettere la possibilità di impugnare ai sensi dell’art. 615 c.p.c. la cartella di pagamento per il vizio di notifica del verbale di accertamento di violazione del verbale presupposto; l’orientamento contrapposto, invece, riteneva che questo vizio dovesse essere fatto valere mediante ricorso ex art. 7 D.lgs. n. 150/2011.

Una importante sentenza delle Sezioni Uniti Civili, n. 22080 del 22 settembre 2017 (Pres. Amoroso, Rel. Barreca), è stata chiamata a comporre il contrasto.

Secondo la ricostruzione operata dalla Suprema Corte, la violazione dell’obbligo di notificazione tempestiva che incombe sull’Ente creditore non impedisce che il titolo esecutivo costituito dal verbale di accertamento venga ad esistenza.

Infatti, nella disciplina prevista agli artt. 200 e ss. del Codice della strada, l’obbligo di pagamento della sanzione amministrativa sorge per legge al momento della commissione dell’illecito, e la notificazione non attiene direttamente alle vicende del credito che ne è oggetto, bensì all’agire dell’Amministrazione nella formazione dell’atto sanzionatorio.

Dunque, “la notificazione tempestiva del verbale di accertamento attiene quindi alla modalità di formazione del titolo esecutivo, ma la violazione dell’obbligo di notificazione tempestiva che incombe sull’amministrazione non impedisce la venuta ad esistenza del «titolo esecutivo, piuttosto dà luogo ad un titolo esecutivo viziato formalmente, perché è stato invalido od irregolare il suo procedimento di formazione”.

E l’art. 201, comma 5, del Codice della strada, sanziona l’invalidità o irregolarità del procedimento di formazione del titolo esecutivo con l’inefficacia della pretesa creditoria da esso portato, ferma restando, tuttavia, la sua efficacia esecutiva.

Orbene” – argomentano le Sezioni Unite – “la violazione delle regole di formazione del titolo stragiudiziale deve essere fatta valere col rimedio tipico […] il rimedio tipico per fare valere i vizi del titolo esecutivo costituito dal verbale di accertamento va individuato nell’opposizione a questo verbale, senza alcuna distinzione tra diversi vizi di forma”.

Il risvolto pratico di questa ricostruzione teorica consiste dunque nella necessità di opporre il verbale di accertamento non notificato nelle stesse forme in cui si sarebbe opposto il verbale laddove correttamente notificato, e dunque con il rimedio tipico del ricorso avverso verbale di accertamento di violazione, ex art. 7 D.lgs. n. 150/2011, e non con l’atto di citazione in opposizione ex art. 615 c.p.c.

Il fatto estintivo del diritto di credito dell’Ente accertatore, successivo alla formazione del titolo esecutivo, “non rientra tra i fatti successivi alla formazione del titolo esecutivo che, estinguendo il diritto di credito consacrato in questo titolo (di natura giudiziale o stragiudiziale), fanno venire meno il diritto di agire esecutivamente. Una volta divenuto definitivo l’accertamento contenuto nel verbale non opposto è preclusa la verifica della sussistenza dei fatti costitutivi/impeditivi della pretesa sanzionatoria in esso consacrata, tra cui anche la notifica/omessa notifica del verbale”.

4. La diversa natura degli illeciti amministrativi.

La Suprema Corte, inoltre, nella sentenza citata, traccia il confine tra l’azione ex art. 7 d. lgs. 150/2011 e l’opposizione avverso ordinanza-ingiunzione non notificata o non correttamente notificata, proposta ai sensi dell’art. 6 del medesimo decreto.

Stante la diversa natura sostanziale dei due atti, l’opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione non notificata sarebbe “recuperatoria” in senso pieno, nel senso che “il destinatario dell’ingiunzione (e della cartella) può ‘recuperare’ tutte le difese che avrebbe potuto svolgere avverso l’ordinanza-ingiunzione, sia sul piano formale (riguardanti perciò il procedimento di formazione del titolo) sia sul piano sostanziale (riguardanti perciò la pretesa sanzionatoria)”.

Viceversa, l’opposizione avverso verbale di accertamento di violazione al Codice della strada non notificato, non tempestivamente notificato o non regolarmente notificato non lascerebbe spazio per lo svolgimento di difese diverse da quella relativa alla notifica.

5. Conclusioni.

L’orientamento espresso dalle Sezioni Unite n. 22080 del 2017 è stato recentemente ribadito dalla sentenza della II sezione civile n. 26843 del 23 ottobre 2018, Pres. Manna, Rel. Sabato, e dalla sentenza della VI sezione civile n. 30094 del 19 novembre 2019, Pres. D’Ascola, Rel. Carrato.

Tuttavia, nella prassi giudiziaria, sovente la sovrapposizione di domande proposte dagli opponenti rende quantomai arduo discernere la natura dell’opposizione, ed il giudice di merito parrebbe chiamato a dover qualificare l’atto sulla base dei motivi di opposizione più “liquidi”.

Il tema delle opposizioni a sanzioni amministrative è certamente significativo della complessità di alcune questioni di diritto, lasciate sostanzialmente “ai margini” della trattazione giuridica, malgrado la grande rilevanza pratica che rivestono nella vita quotidiana di molti operatori del diritto. In queste materie, anche più che in altri ambiti del diritto, forse è necessario tenere a mente il monito coniato dal grande Ennio Flaiano: “Senza le basi, scordatevi le altezze”.



 

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