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La querelle sorta intorno alla individuazione della parte processuale onerata di attivare la mediazione obbligatoria nell’ambito di un giudizio di opposizione a D.I. sembrava aver trovato la sua definizione con la nota sentenza delle Sezioni Unite n. 19596/2020.

Mercoledi 31 Marzo 2021

La suddetta sentenza, si ricorda, enuncia il seguente principio di diritto: “Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5, comma 1-bis, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione e’ a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilita’ di cui al citato comma 1-bis conseguira’ la revoca del decreto ingiuntivo”.

Con la predetta sentenza la Cassazione, ponendo fine al contrasto giurisprudenziale sul punto, pone a carico della parte opposta, cioè il creditore, l’onere di promuovere la procedura di mediazione, pena la revoca del decreto ingiuntivo.

La questione è stata rimessa in discussione dal Tribunale di Firenze in una recentissima sentenza del 23 marzo 2021, sentenza che si discosta dall’orientamento della Suprema Corte.

Il caso: Nell’ambito di un giudizio di opposizione a D.I. alla prima udienza, concessa la provvisoria esecutività al decreto opposto, la causa veniva mandata in mediazione ex art. 5, 2 comma D.Lgs. 28/2010, con termine di 15 giorni per la presentazione della relativa domanda.

Nessuna delle parti provvedeva ad instaurare, nel termine assegnato, il procedimento di mediazione; pertanto, alla successiva udienza veniva rilevato il mancato esperimento della disposta mediazione.

Il tribunale dichiara l’opposizione improcedibile e condanna la società attrice opponente al pagamento delle spese di lite in favore della società opposta: in merito alla procedura di mediazione, osserva quanto segue:

a) il D.Lgs. 28/2010 si limita a rilevare che l’attivazione della mediazione delegata è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, senza tuttavia individuare le conseguenze dell’inosservanza dell’ordine del giudice;

b) qualora si verta in ambito di opposizione a decreto ingiuntivo, la domanda che diviene improcedibile è la domanda formulata con l’atto di citazione in opposizione (ed eventualmente con la comparsa di risposta o con comparse di terzi) e, conseguentemente, in ossequio ai principi processuali propri di tale procedimento speciale, ai quali del resto la normativa in tema di mediazione non deroga espressamente, nel caso di improcedibilità del giudizio di opposizione, come nel caso di relativa estinzione, gli effetti del decreto ingiuntivo vengono definitivamente a consolidarsi (art. 653 c.p.c.);

c) opinare diversamente, ritenere cioè che la mancata instaurazione del procedimento di mediazione conduca alla revoca del decreto ingiuntivo, si porrebbe infatti in contrasto rispetto alle regole processuali proprie del rito, in quanto si porrebbe in capo all’ingiungente opposto l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto opposto, in contrasto con l’impostazione inequivoca del giudizio di opposizione come giudizio eventuale rimesso alla libera scelta dell’ingiunto;

d) peraltro, sul piano degli effetti concreti, ciò condurrebbe ad un risultato opposto rispetto a quello, deflattivo per il sistema giudiziario, che l’istituto della mediazione si propone di raggiungere, imponendo ad una parte (l’opposto) che già è munita di un titolo (il decreto ingiuntivo) che si consolida in caso di estinzione del giudizio e che può ritenersi non interessata alla prosecuzione della lite, di attivarsi anche laddove l’altra parte (l’opponente), non si dimostri più interessata all’esito della stessa, come spesso del resto avviene in caso di opposizioni dilatorie.

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