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MARGHERA – Rischia di vedersi sottratta la casa di Marghera una donna di 64 anni chiamata a restituire un’ingente somma di denaro all’Ulss veneziana e che ora minaccia di barricarsi in casa. La vicenda giudiziaria inizia ad aprile del 2013 quando il Tribunale civile di Venezia condanna l’Ulss veneziana a risarcire 640mila euro a due fratelli di Marghera per la morte del padre avvenuta nel 2008 dopo il ricovero presso l’ex Ospedale Umberto I e un intervento per un’ernia inguinale, in primo grado considerato dal Tribunale un caso di malasanità.

IL PROCESSO

Un terzo della somma viene percepita a titolo di onorario dall’avvocato incaricato di seguire la causa civile mentre i restanti due terzi vengono incassati e divisi dai due fratelli, uno dei quali, Liliana, nel frattempo è diventata unica intestataria di un appartamento ereditato dalla madre defunta. «Subito dopo l’intervento mio padre ha iniziato a stare male – ricorda la figlia Liliana – non mangiava più, è dimagrito di 50 chili al punto che sembrava reduce da un campo di concentramento e dopo tre mesi di sofferenze è morto a 76 anni».

Dopo la condanna in primo grado, l’Ulss presenta ricorso contro la sentenza e in Appello viene scagionata da ogni responsabilità, e i due fratelli vengono condannati a restituire le somme già percepite, oltre alle spese legali. La sentenza viene poi confermata in Cassazione nel 2019 e diventa esecutiva ad aprile di quest’anno, quando Liliana, si ritrova il conto corrente pignorato. 

SENTENZA ESECUTIVA

Ora la donna è in attesa che l’immobile di Marghera in cui vive, valutato centomila, venga venduto all’asta giudiziaria ma data l’entità della somma da restituire, l’ipotetico futuro incasso dalla vendita dell’immobile non sarà comunque sufficiente a sanare il debito dei due fratelli, ai quali l’azienda sanitaria ora chiede la restituzione di una somma residua pari a 150mila euro. «Per quanto mi riguarda quei soldi li ho spesi tutti per ristrutturare la mia casa e non mi sono nemmeno bastati – spiega la signora – e a lavori ultimati mi sono pure indebitata, ho perso il lavoro e mi sono ritrovata improvvisamente dalle stelle alle stalle. Per sopravvivere ora faccio lavoretti di pulizie domestiche per una cooperativa e vivo con 250 euro al mese, perché per pagare questo debito vengono pignorati 50 euro al mese a me e 150 a mio fratello che è in pensione. Se la mia casa sarà venduta all’asta sarò buttata fuori e mi ritroverò sulla strada, ma questo è un alloggio popolare che apparteneva a mia madre, che per riscattarla dall’Ater ha fatto enormi sacrifici. Ora che lei non c’è più io non me ne andrò mai via da qui, piuttosto preferisco morire».

L’ultimo atto del Tribunale civile notificato all’inquilina lo scorso maggio è stato l’avviso di pignoramento dell’immobile di Marghera , mentre nel frattempo la prima asta giudiziaria è andate deserta. Ciò comporterà la riduzione del prezzo base d’asta e se la procedura andrà avanti fino alla sua normale conclusione chi avrà acquistato, a prezzo di saldo, l’immobile di Marghera avrà titolo per prenderne materialmente possesso. «Questa situazione mi sta uccidendo – si sfoga Liliana – se vogliono vendere e portami via la casa di mia madre devono venire a prendermi e buttarmi fuori con la forza, ma da adesso in poi io non ritirerò più nessuna raccomandata e non aprirò più la porta a nessuno».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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