I paletti all’esecuzione forzata mobiliare: il pignoramento riscritto dalla riforma della giustizia.
Il problema principale degli italiani sono i debiti. E su questo non ci piove. Se poi aggiungiamo anche una notevole propensione al garantismo, ormai radicata nel loro DNA, allora il mix è esplosivo. Si è illuso chi non ha previsto il coro di polemiche generato dall’approvazione dell’ultima riforma sulla giustizia [1] con l’istituzione del “nuovo” (che, in realtà, tanto nuovo non è) pignoramento dell’automobile. E ciò perché il precedente Governo Letta era andato nella direzione diametralmente opposta: quella di una tutela esasperata del debito (almeno nei confronti di
Equitalia), ponendo una serie di paletti alla riscossione esattoriale. Primo tra tutti il divieto di pignoramento della prima casa (ma anche l’intangibilità dell’ultimo stipendio accreditato in banca, dei beni strumentali dell’azienda e l’introduzione dei nuovi limiti per la pignorabilità degli ulteriori immobili).
È vero, se la rivoluzione di Letta era rivolta a fronteggiare la crisi delle famiglie nei rapporti con l’erario e con la riscossione dei tributi, la riforma della giustizia voluta da Renzi ha tutt’altra finalità: quella di dare maggiore credibilità al sistema giudiziario, garantendo processi rapidi, non strumentali e, soprattutto, efficaci. Il che ha imposto di rivisitare tutta la fase dell’esecuzione forzata, oggi vero punto debole della tutela dei diritti. E così, nell’ottica del potenziamento degli strumenti a tutela del creditore (tra cui, peraltro, la possibilità per l’ufficiale giudiziario di consultare l’Anagrafe tributaria nella ricerca dei beni del debitore), si è introdotta una
procedura “ad hoc” per il pignoramento delle auto: sottratta, così, all’esecuzione forzata mobiliare (ove, sino ad oggi, era rimasta confinata) per darle una propria autonomia (leggi “Nuovo pignoramento di veicoli e rimorchi: come funziona”).
E dunque la prima precisazione: la riforma non inventa nulla di nuovo. Il pignoramento dell’auto è sempre esistito. Ma se, in precedenza, creditore ed ufficiale giudiziario erano condannati a una caccia al tesoro, oggi tutto avviene telematicamente. In più, l’obbligo di consegnare l’automobile viene prestabilito dalla legge: il debitore ha 10 giorni di tempo dalla notifica del pignoramento per portare l’auto all’Istituto vendite giudiziarie, altrimenti scatta l’apprensione forzosa da parte della polizia (leggi: “Nuovo pignoramento sulle auto: obbligo di consegna entro 10 giorni”).
È proprio questo il punto. C’è una sola cosa peggiore di un sistema corrotto e inefficiente: uno corrotto ed efficiente. Così, se la tutela del credito (nell’opinione comune, spesso deviata dalla propaganda) viene criminalizzata, la creazione di una norma che rende l’esecuzione forzata finalmente
efficiente non può che apparire, agli occhi dei più, come un demonio da combattere.
Ci sono arrivati numerosi commenti, in questi giorni, di gente inorridita dalla nuova legge. Una legge accusata di esasperare i “poveri italiani” che diventano “sempre più poveri, mentre i ricchi sempre più ricchi fanno leggi a loro favore”. E ancora c’è chi definisce “orribile e abominevole” la riforma perché ritiene che “l’auto personale di un comune mortale debba essere considerata non pignorabile al pari di un bene strumentale per l’artigiano”.
Una cosa è vera, e la suggerisce sempre un nostro lettore. L’automobile non è più un bene voluttuario come lo poteva essere un tempo, quando città e paesi erano ancora di modeste dimensioni. Oggi la maggior parte delle persone vive in centri urbanizzati assai ampi o in città metropolitane dove i mezzi pubblici sono caratterizzati dall’inefficienza, dai ritardi quando non dagli scioperi continui. “Se ad un poveraccio gli togli l’auto personale è come toglierli la vita ….. come si sposta? Come va a lavoro? Diverso è se il debitore ha molte auto… In ogni caso una gli va garantita. Un mezzo di locomozione va garantito ad ogni libero cittadino
”. Si pensi a chi necessita di cure mediche e che, perciò, deve essere libero di recarsi in clinica o dal medico di famiglia. Ma anche a chi ha difficoltà di deambulazione o a chi ha tanti bambini e deve accompagnarli e riprenderli in scuole diverse, quasi mai vicine tra loro.
E poi, diciamoci la verità: nessuno è mai riuscito a recuperare il proprio credito mettendo in vendita l’auto del debitore, che, di norma, è sfruttata, vecchia e quasi sempre svalutata. Peraltro, il mercato dell’usato su internet è divenuto assai più conveniente di qualsiasi asta giudiziaria. Cosicché è assai improbabile vendere il mezzo attraverso il pignoramento. Allora, quest’ultimo assume più la forma di una sorta di “stimolo” per ottenere il pagamento “in via bonaria” che non di un vero e proprio strumento per il recupero del credito.
In ogni caso, la “prima auto” – che, a scanso di equivoci è e resta pignorabile – poteva essere equiparata alla “prima casa”: impignorabile per natura. Del resto, di eccezioni all’esecuzione forzata la legge ne ha previste diverse. Si pensi ai combustibili (necessari per un mese), le decorazioni al valore, le lettere, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli da pranzo, il frigorifero, le stufe e i fornelli da cucina. Non sarebbe allora arrivato il momento di aggiornare anche questa norma [2]?
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