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CARRARA. Sono ben quattro le opposizioni al “fallimento” (in realtà, come più volte scritto, si tratta di una “liquidazione giudiziale”, così definita dal nuovo codice della crisi d’impresa) della società Mega Stone Factory, concessionaria della cava 147 Querciola. Nelle scorse settimane, era emerso che la società stessa aveva presentato reclamo, in sostanza ricorso in Corte d’Appello a Genova, assistita dagli avvocati Massimiliano Ratti e Noemi Graceffo del foro della Spezia; e che alla società si era aggiunta la società Colonna, della galassia di Manrico Gemignani, con un atto predisposto dall’avvocato Antonella Vergine del foro di Firenze. Nel corso dell’udienza che si è tenuta lo scorso 28 marzo di fronte alla Corte d’Appello di Genova, si è scoperto che sono altre due le opposizioni: a presentare reclamo sono stati anche uno dei soci, Matteo Imperiali, assistito dall’avvocato Gianni Tognoni, e uno dei creditori, Permart (avvocati Sergio Menchini, Alessandro Motto e Antonio Menchini).

Per reclamo, lo ricordiamo, si intende che le parti costituite chiedono di annullare sia la dichiarazione di inammissibilità del concordato preventivo sia la sentenza di liquidazione giudiziale, in quanto a loro avviso illegittime perché, si sostiene, il concordato preventivo in continuità avrebbe già fornito sufficienti garanzie per il futuro dell’azienda e per i creditori; Colonna in particolare, quale “assuntore” aveva già depositato 6 milioni ed era pronta a salire di altri 6000mila euro.

Si è ovviamente costituita anche la curatela; il curatore fallimentare dottor Fabio Serini, assistito dall’avvocato Stefano Ambrosini, porta avanti la tesi che la procedura in corso sia la strada maestra per fornire le maggiori garanzie ai creditori e all’amministrazione comunale (titolare della concessione e a sua volta creditrice), per poi arrivare al traguardo dell’asta competitiva.

Quella del 28 marzo più che un’udienza è stata il deposito delle varie tesi, la corte d’appello si è riservata. Difficile prevedere i tempi della sentenza, la vicenda è complessa.

Se i giudici dovessero dare ragione a chi ha presentato reclamo, si azzererebbe la procedura in corso di liquidazione giudiziale e si tornerebbe al concordato preventivo.

Osserta il curatore Fabio Serini: «In attesa che la corte di Genova si esprima, la curatela, sotto la stretta supervisione del tribunale, sta garantendo la continuità dell’impresa che segue quanto rigorosamente previsto dal nuovo codice della crisi di impresa. Difatti, l’interesse dei creditori risulta garantito dalla generazione di modeste quote di utile e dalla salvaguardia dei 13 posti di lavoro. In parallelo, sino fiducioso di individuare una soluzione formale per il mantenimento dell’autorizzazione ad estrarre il marmo; l’azienda – aggiunge – sta recuperando un assetto organizzativo che risulta valorizzato dal recupero di una sua notorietà commerciale, portando ad oltre 20 il numero dei clienti con cui sono state concluse transazioni commerciali ed un fatturato dell’esercizio provvisorio che ha ormai superato i 500.000 euro».

Era fine gennaio quando era arrivata la sentenza del tribunale di Massa. In tempi record, la curatela, di concerto con in tribunale, era riuscita a far riprendere le attività lavorative, grazie all’esercizio provvisorio.

Successivamente, il Comune, sulla base di quanto prevede il regolamento degli agri marmiferi, aveva dato l’avvio al procedimento di decadenza delle autorizzazioni e della concessione. Poi, la stessa amministrazione aveva dichiarato che «Il procedimento di decadenza è stato sospeso perché la società ha presentato reclamo alla corte di appello di Genova contro la sentenza di liquidazione giudiziale. Pertanto in attesa che si esprima la corte di appello si è deciso di sospendere il procedimento».

Una vicenda complessa, con vari risvolti. Era giugno 2023 quando venne presentata domanda di concordato preventivo completa. Si costituiva anche un potenziale acquirente, una società della galassia Sagevan. Secondo i giudici però, e siamo a gennaio, «Risulta congruamente dimostrata la sussistenza dello stato di insolvenza, all’esito dell’istruttoria svolta».

Nel frattempo, l’adunanza dei creditori per definire lo stato passivo, inizialmente prevista per il 15 aprile, è stata spostata al 7 luglio. 

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