Una comunità intera si mobilita per salvare la storica casa di riposo “Venanzio Santanera” di Villafranca. Dopo la manifestazione di ieri, che ha visto la partecipazione di circa 150 persone tra cittadini, dipendenti e amministratori locali, è partita una corsa contro il tempo per evitare la chiusura della struttura, prevista per il 30 novembre. Il neo-costituito comitato cittadino, guidato da Vincenzo Gerbi, sta tentando un’ultima, disperata mossa per scongiurare lo scenario peggiore.
“Non ci facciamo illusioni, siamo al novantaduesimo minuto e questo è l’ultimo calcio d’angolo”, spiega Gerbi “Ma dobbiamo provarci, per il bene della comunità e soprattutto dei nostri anziani”. Il piano è ambizioso: raccogliere fondi sufficienti per proporre un accordo a saldo e stralcio con la KCS, la cooperativa che ha gestito la struttura tra il 2020 e il 2023, che vanta un credito di circa 900 mila euro.
“Abbiamo ottenuto un incontro con il commissario e la KCS per martedì mattina”, rivela Gerbi. “La tempistica è strettissima, ma la posta in gioco è alta. Se riuscissimo a risolvere questa situazione debitoria, la banca del territorio potrebbe rinegoziare il mutuo residuo, permettendo al commissario di preparare un nuovo bando di gestione con cifre più sostenibili”.
Il comitato, che include figure di spicco della comunità come il parroco, l’avvocato Gendre, rappresentanti dei commercianti e imprenditori locali, oltre ai sindaci della Val Triversa, si è formato spontaneamente questa estate, quando la gravità della situazione è emersa in tutta la sua drammaticità. “Non cerchiamo visibilità“, sottolinea Gerbi, “vogliamo solo fare quello che è possibile in coscienza come cittadini”.
“Una questione di territorialità e umanità per gli ospiti”
La chiusura della Santanera avrebbe ripercussioni significative sul territorio. Con i suoi 39 ospiti, di cui 10 in convenzione con l’ASL, e 18 dipendenti, la struttura rappresenta un punto di riferimento importante per la Val Triversa. “Non è solo una questione di posti letto”, spiega Gerbi. “Qui gli anziani sono nel loro territorio, i parenti possono visitarli facilmente mentre sbrigano le commissioni quotidiane. Spostarli a 30-40 chilometri di distanza significherebbe rompere questi legami familiari e comunitari”.
La situazione riflette un problema più ampio che sta colpendo diverse strutture della provincia: “Chiude questa, chiude Isola, rischiano di chiudere tante altre case di riposo… . mentre la popolazione anziana è in continuo aumento. È una situazione completamente illogica”, osserva Gerbi. “Abbiamo visto cosa è successo con il Maina, quando gli ospiti sono stati trasferiti e i parenti hanno faticato persino a ritrovarli”.
Anche per i lavoratori le prospettive sono incerte. “Alcuni dipendenti mi hanno detto che non hanno l’auto”, racconta Gerbi. “Se venissero trasferiti a 30 chilometri di distanza, sarebbero costretti a licenziarsi”.
Il tempo stringe: entro il 30 novembre gli anziani dovrebbero essere trasferiti, a partire dai 10 ospiti in convenzione con l’ASL. Ma il comitato non si arrende: “Se riuscissimo a disinnescare la parte più consistente del debito e a trovare un accordo con la banca, qualche cooperativa o imprenditore del settore potrebbe vedere un’opportunità. Avrebbe sicuramente l’appoggio della popolazione, che si sta dimostrando molto sensibile a questa causa”.
La manifestazione di ieri, con il corteo partito dalla casa di riposo fino al sagrato della chiesa, ha dimostrato quanto la comunità sia unita in questa battaglia. “Viviamo in un periodo strano, in cui tutti si rifugiano in casa e nessuno vuole vedere niente”, conclude Gerbi. “Ma questa volta la gente ha deciso di non voltarsi dall’altra parte. Che si riesca o meno nell’impresa, avremo almeno la certezza di aver fatto tutto il possibile per salvare un pezzo importante della nostra comunità”.
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