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La bancarotta per distrazione non si differenzia in nulla dall’appropriazione indebita se l’oggetto è il medesimo. Quindi una volta che sia intervenuta la dichiarazione di fallimento non è possibile l’imputazione per bancarotta se vi è stato già giudizio per appropriazione indebita anche se conclusosi con l’assoluzione. Così la Corte di cassazione, con la sentenza n. 25350/2021, precisa il rapporto tra i due reati in caso in cui il presupposto delle due diverse imputazioni sia legato al medesimo evento “naturalistico” per condotta, nesso causale e conseguenza.

È possibile un nuovo giudizio solo se il fatto che si intende punire è diverso. E non rileva ai fini del superamento del divieto del ne bis in idem la circostanza che con la medesima condotta siano in ipotesi stati violati più precetti penali.

Dunque l’intervenuta dichiarazione di fallimento non costituisce in sé un fatto nuovo, ma soprattutto diverso. E non è di sicuro un fatto nuovo commesso dall’agente in quanto è un presupposto del reato di bancarotta che interviene in via del tutto indipendente dalla sua volontà.

Ma nel caso risolto la Cassazione respinge le lamentele del ricorrente per la disposta sospensione del giudizio conseguente alla citazione per appropriazione indebita. Il giudice in tal caso in applicazione delle disposizioni dell’articolo 479 del Codice penale aveva, infatti, disposto la sospensione del procedimento appena iniziato per appropriazione indebita ai fini di attendere la risoluzione della questione civile sulla dichiarazione di fallimento da cui poteva conseguire una diversa qualificazione del fatto da punire. Un tale atto al momento iniziale del processo non è abnorme e non viola il divieto dell’articolo 649 del Codice di procedura penale che impedisce di sottoporre a nuovo giudizio il medesimo evento naturalistico già giudicato.

 

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