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Ero un commerciante e sono fallito. Ricevo cartelle da Agenzia Entrate Riscossione per debiti non pagati. Nella sentenza non sono state considerate le tutele sui pignoramenti pensionistici. Cosa posso fare?

Si può ipotizzare che Agenzia Entrate Riscossione abbia agito nei confronti del lettore, pignorandogli la pensione, non in base alle norme speciali sulla cosiddetta riscossione esattoriale [1] ma in base alle ordinarie norme sulla espropriazione mobiliare presso terzi contenute nel codice di procedura civile [2].

La procedura speciale esattoriale (che solamente gli agenti della riscossione possono utilizzare) non è azionabile per aggredire crediti pensionistici (quale è quello del lettore), né è previsto, in quella procedura, l’intervento del giudice per disporre l’assegnazione dei

crediti pignorati. Da quel che emerge dal quesito, invece, un giudice pare essere intervenuto nella procedura e sarebbe stata emessa anche quella che il lettore definisce “sentenza” la quale dovrebbe essere l’ordinanza di assegnazione dei crediti pignorati a favore del creditore pignorante (Agenzia Entrate Riscossione).

La differenza tra procedura speciale e procedura ordinaria, poi, consiste anche nella diversità dei limiti legali al pignoramento. Quelli che il lettore invoca nel suo quesito (1/10 per Agenzia Entrate Riscossione – 1/10 sotto i 2500 ecc…) sono limiti previsti solo per la procedura speciale che, mi ripeto, non pare essere stata quella utilizzata nel suo caso. Nella procedura espropriativa ordinaria, invece, i limiti al pignoramento sono stati di recente modificati e, in particolare, la pensione è impignorabile fino a mille euro e comunque fino al doppio dell’importo dell’assegno sociale [3]. Per maggiori dettagli leggi “Pignoramento della pensione: qual è il nuovo limite“.

Tali nuovi limiti al pignoramento delle pensioni si applicano alle procedure esecutive nelle quali i pignoramenti siano stati eseguiti a partire da settembre 2022, mentre il quesito del lettore riguarda periodi antecedenti. Adesso a seguito della riforma introdotta dal Decreto Aiuti bis, le somme da chiunque dovute (cioè ancora non versate al debitore) a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, «non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1000,00 euro», mentre in precedenza il limite era l’assegno sociale aumentato della metà (per la cronistoria delle modifiche, leggi “In che misura è pignorabile la pensione“).

Il pignoramento eseguito in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti è parzialmente inefficace e l’inefficacia è rilevabile dal giudice anche d’ufficio (senza bisogno, quindi, che il superamento e la violazione dei limiti, cioè, siano eccepiti dal debitore attraverso il suo legale).

La Corte di Cassazione [5] ha stabilito che l’ordinanza di assegnazione dei crediti pignorati sia impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi [6] entro il termine perentorio di 20 giorni dalla sua emanazione, solamente se si eccepiscano vizi suoi propri (vizi di forma dell’ordinanza, cioè) o di atti precedenti idonei a propagarsi su essa. I vizi sostanziali, invece, che non fossero stati sollevati prima dell’emanazione dell’ordinanza stessa, non possono più formare oggetto di contestazione successivamente alla sua emanazione.

Venendo ora al caso del lettore e ammesso che la “sentenza” (come egli la definisce nel suo quesito) sia effettivamente l’ordinanza di assegnazione, il vizio che lamenta (cioè la parziale impignorabilità del credito) viene definito dalla dottrina [7] come vizio sostanziale, cioè come vizio non compreso fra quelli che possono essere contestati con opposizione agli atti esecutivi entro i venti giorni dall’emanazione dell’ordinanza, ma come vizio che avrebbe dovuto essere eccepito prima (e non dopo) dell’emanazione dell’ordinanza (la “sentenza”). Da qui la conseguenza che, sulla base della giurisprudenza indicata, tale vizio (cioè il superamento dei limiti posti dalla legge al pignoramento) non potrebbe essere più oggetto oggi di impugnazione perché avrebbe dovuto essere eccepito, con rituale opposizione, prima che l’ordinanza fosse emanata.

Resterebbe la possibilità di impugnare l’ordinanza di assegnazione del credito (ammesso che sia quella che lui chiama “sentenza”) con l’opposizione, entro venti giorni dalla sua emanazione, ma con il rischio di vedere la domanda rigettata dal giudice adìto qualora anch’egli considerasse il vizio eccepito fra quelli che avrebbero dovuto essere sollevati prima dell’emanazione dell’ordinanza.

D.L. n. 115/2022, conv. in L. n. 142 del 21.09.2022Articolo tratto da una consulenza dell’avv. Angelo Forte

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